giovedì 17 giugno 2010

Sicurezza + precedenza = voglia di bici



Chi guida un'auto (per necessità, non per sport o divertimento in sè) non desidera altro che andare verso la sua destinazione nel modo più semplice e veloce e con la massima sicurezza possibile. Quindi desidera strade ampie e dritte, meglio se con precedenza sulle altre, ampie possibilità di parcheggio vicino alla sua destinazione, e la sistemazione di tutti quei punti del percorso che sono ritenuti pericolosi.

Pensate a chi si reca in periferia presso un grande ipermercato: percorre grandi viali spesso a più corsie, attraversa agevolmente incroci dotati di rotonde, e approda in un vastissimo parcheggio proprio di fronte all'ingresso dell'ipermercato.
Oppure pensate a chi va da una città ad un'altra: si infila in autostrada, va dritto filato senza mai doversi fermare per dare precedenza ad altri, e viaggia in una corsia separata e protetta sia da quelli che viaggiano in senso opposto che dal resto del traffico delle zone che attraversa, con grande beneficio per la sicurezza.

Tutto questo è molto giusto, ed è molto ragionevole che con l'aumentare del traffico automobilistico si siano create queste infrastrutture e queste agevolazioni per chi guida un'auto. Queste attenzioni alla sicurezza e alla precedenza sono elementi sicuramente importanti per far si che l'uso dell'auto sia sicuro e veloce, e quindi sia desiderabile e piacevole oltre che utile.

E perchè mai i ciclisti urbani non dovrebbero avere gli stessi desideri degli automobilisti?

Utilizzare la bicicletta in città al posto dell'auto offre innumerevoli vantaggi sui quali tanto si è già detto, vantaggi sia per i ciclisti che per il resto delle persone che vivono e si spostano in città, compresi gli stessi automobilisti.

Ma per attuare questi vantaggi occorre invogliare sempre più persone ad utilizzare in città la bicicletta al posto dell'auto. Occorre, in una parola, rendere l'uso della bicicletta "desiderabile".

E allora ecco che le stesse attenzioni per la sicurezza e la precedenza, che sino ad ora sono state rivolte solo alle auto, devono incominciare ad essere rivolte anche alle biciclette.

Sicurezza e precedenza fanno sì che l'uso della bici sia desiderabile.

La sicurezza si attua proprio nello stesso modo che con le auto: percorsi separati dal resto del traffico, protetti in maniera adeguata, privi di punti critici in cui compaiono elementi di pericolo.
Provate ad immaginare di abitare in un quartiere periferico della vostra città, e immaginate che vostro figlio di 6 anni debba frequentare una scuola del centro. Come dovrebbero essere le piste ciclabili per far sì che lui potesse recarsi a scuola in bicicletta? Immaginatevi il percorso su strade che conoscete, progettate nella vostra fantasia ogni singolo metro del percorso, ragionate su dove fareste passare la ciclabile, quanto la fareste larga, che tipo di protezioni e separazioni vorreste rispetto al resto del traffico, come affrontereste il problema degli incroci o come cerchereste di evitare che la ciclabile abbia da incrociarsi con il flusso delle auto.
Perchè quando si parla di sicurezza delle piste ciclabili si deve prendere come unità di misura l'esigenza dei bambini, e pure degli anziani. Se è sicura per loro allora lo sarà per tutti.

Invece la precedenza in bicicletta è ancora più importante che in auto. Se in auto mi devo fermare ad uno stop e poi ripartire perdo un po' di tempo, ma tutto finisce lì. Se invece mi devo fermare in bicicletta oltre a perdere tempo mi costa anche fatica. Infatti ripartire è faticoso, mentre viaggiare a velocità costante lo è molto meno. Le continue fermate e ripartenze sono molto faticose in bicicletta. Ecco perchè le piste ciclabili devono essere progettare per avere il più possibile la precedenza sul resto del traffico, per avere la via sgombra, per essere dritte, scorrevoli, senza continui zig zag che obbligano a rallentare e poi faticare nel riprendere velocità.
E poi una pista ciclabile dritta, veloce, scorrevole, senza troppi punti di stop, permette di essere veloci, permette di raggiungere in fretta e senza fatica la propria destinazione, e questo è basilare per far sì che la bicicletta sia un mezzo di trasporto cittadino desiderabile.

Certo le città, e quindi anche la nostra città, si sono sviluppate senza tenere conto delle esigenze dei ciclisti, e ora è impegnativo cambiare. Però i vantaggi che ne deriverebbero sono tanti e tali da giustificare e addirittura richiedere scelte coraggiose da parte delle amministrazioni.

In passato si sono demolite abitazioni, si sono sacrificati giardini e aree verdi, si sono fatti espropri, tutto per far spazio al traffico automobilistico.

Oggi non si chiede di fare altrettanto, per le biciclette basta molto meno, le biciclette sono molto meno invasive, sono meno ingombranti. Oggi basta avere il coraggio di sacrificare qualche seconda corsia, di rinunciare a qualche striscia di parcheggi a lato strada, di ridurre un po' la larghezza di strada dedicata alle auto. Oggi si tratta di "dare la precedenza" alle biciclette ogni volta che si mette mano ad un intervento stradale.

Guardate cosa hanno fatto in Olanda, in Danimarca, in Germania, dove a partire dalla fine degli anni '70 hanno dato precedenza e sicurezza all'uso della bici in città. Sicuramente anche da loro all'inizio avranno avuto resistenze e proteste da parte di chi vede nell'automobile l'unico possibile mezzo di trasporto, ma ora si vedono i risultati e credo non servano commenti per sottolineare il grande successo di una tale politica.

L'importante è fare le cose bene, tenendo conto delle esigenze dei ciclisti: sicurezza e precedenza. Una pista ciclabile fatta male è controproducente. Guardiamo il caso del tratto di ciclabile in fondo a via Torino, ad Ivrea. La pista ciclabile è lunga 900 metri, dall'incrocio con Canton Carasso fino alla Chiesa di San Bernardo, e viaggia sopra al marciapiede. In quei soli 900 metri ci sono ben 23 attraversamenti, cioè 23 punti in cui la pista scende a livello della strada e obbliga le bici a dare precedenza agli accessi laterali, spesso costringendo ad un vero e proprio stop a causa della scarsa visibilità verso tali accessi. Ben 23 punti di rallentamento e di pericolo in appena 900 metri, cioè in media uno ogni 40 metri!
Che senso ha fare una cosa così? Chi l'ha progettata sperava davvero che sarebbe stata utilizzata volentieri? Perchè mai un ciclista dovrebbe fare 23 saliscendi, 23 stop, 23 incroci pericolosi, e condividere il percorso con i pedoni (in verità pochi), quando viaggiando un metro di lato, e cioè in strada, ha il percorso pianeggiante, con precedenza e con maggiore sicurezza rispetto agli accessi laterali?

Quest'ultimo vuole solo essere un esempio di come non bisogna fare, vuole solo servire a rafforzare il concetto che i grandi vantaggi che si ottengono dal maggior utilizzo della bicicletta in città vanno perseguiti dando ai ciclisti ciò di cui hanno realmente bisogno: sicurezza e precedenza.

Ci sono tanti ciclisti in città che rimangono nascosti e non circolano molto solo perchè gli mancano sicurezza e precedenza. E lo dimostrano quando invece, forti della sicurezza e della precedenza che si riescono ad ottenere anche in mezzo alla strada quando si è in tanti, in gruppo, escono l'ultimo venerdì del mese per il giro di Massa Critica, come avverrà

venerdì 25 giugno 2010,
a partire dalla Torre di Santo Stefano
alle 18:30



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2 commenti:

  1. Pur condividendo, in generale, le considerazioni fatte da Stefano, devo dire che, vivendo nella zona sud di Ivrea e percorrendo quasi quotidianamente via Torino, mi sento molto più sicuro nel viaggiare in bicicletta con i miei figli su quel pur breve, e praticamente unico in città, tratto di pista ciclopedonale che non in strada.
    Sicuramente la progettazione di quel tratto di pista poteva essere migliore e, ai difetti elencati da Stefano, aggiungo anche che, a quel primo intervento, non è stata data continuità, nè verso nord nè verso sud. Ciò costringe quindi i ciclisti a scendere in strada o ad utilizzare i marciapiedi al termine del tratto.
    Mi pare che l'amministrazione comunale abbia messo a bilancio la realizzazione del secondo tratto di pista, quello che si estende verso sud fino a raggiungere gli stabilimenti ex Olivetti.
    Onde evitare che il nuovo tratto venga realizzato ripetendo gli stessi errori fatti su quello precedente, perché non proviamo a dare qualche utile indicazione su come progettare e realizzare una pista che sia fruibile e sicura per i ciclisti?
    ciao a tutti
    giuseppe

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  2. Come giustamente dice Giuseppe occorre dare qualche indicazione all'amministrazione su come, nei dettagli, debba essere realizzata una pista ciclabile affinchè sia apprezzata da chi poi la utilizza.
    L'attuale amministrazione comunale è sicuramente molto più aperta al dialogo di quanto non lo siano state tante altre amministrazioni precedenti, quindi non perdiamo questa occasione per collaborare.
    Ovviamente non possiamo sperare che nel breve periodo di una amministrazione vengano fatti tutti i cambiamenti che vorremmo, che venga ribaltata la situazione ad Ivrea e che magicamente ci ritroviamo con una città più vivibile, ma se riusciamo a partire nella direzione giusta allora questa amministrazione rimarrà quella che ha fatto la svolta, e quelle seguenti avranno già la strada tracciata per proseguire per il meglio.
    Continuiamo dunque ad insistere!
    Stefano.

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